Siamo davvero in troppi al mondo?

L’aumento demografico rappresenta il tema principale nel dibattito relativo al futuro della nostra civiltà. Anche quando non se ne parla direttamente, si intuisce che questo fenomeno è la base su cui si innestano le innumerevoli dinamiche socioeconomiche che hanno portato all’attuale criticità. Un dato che appare condiviso pressoché da tutte le letture della situazione è che:

“Considerati gli standard di vita del mondo occidentale, non è possibile che essi vengano estesi ai sei miliardi e 979 milioni di abitanti che risultano esistere alla data odierna, senza depauperare le risorse del pianeta in modo irreversibile.”

In parole povere se tutti consumassero quanto consumiamo noi, le risorse della terra non sarebbero sufficienti.

Questa consapevolezza, che pare ormai essere un punto fermo del dibattito, alla luce delle informazioni in possesso dell’individuo comune, consente due sole possibilità per risolvere il problema:

1) Ridurre i consumi procapite.

2) Ridurre la popolazione.

Fatto salvo che una soluzione realistica potrebbe comportare l’adozione in concorso sia dell’una che dell’altra strategia, e una soluzione al momento irrealistica comportare il trasferimento in massa su altri corpi celesti, entrambe le soluzioni per essere implementate necessitano di un programma operativo di enorme complessità, un immenso dispendio di risorse e dei tempi di esecuzione in ogni caso non istantanei. Ma le conseguenze dell’una e dell’altra scelta, nel rimodellare i parametri della vita sulla terra, sarebbero drasticamente diverse.

Nel primo caso per ottenere risultati consistenti il sistema della produzione dei consumi si dovrebbe auto-ristrutturare venendo meno al suo assunto costitutivo, che è quello di portare il singolo individuo verso consumi sempre maggiori di beni e servizi di ogni genere, al fine di massimizzare il profitto del sistema stesso, molla che permette all’intero meccanismo di proseguire la corsa del suo sviluppo.

Nel secondo caso l’assunto costitutivo rimarrebbe intatto, e la riduzione della base di consumatori, che teoricamente dovrebbe produrre una diminuzione dei profitti, potrebbe in parte essere tamponata con meccanismi finanziari studiati per lo scenario globale, in parte compensata dall’innalzamento esponenziale del livello economico dei soggetti superstiti alla riduzione della popolazione. Il sistema vedrebbe così garantita la sua sopravvivenza nella forma e struttura attuali. A fronte di uno sforzo titanico di implementazione del programma, la seconda soluzione garantirebbe una contropartita che la prima soluzione, ugualmente impegnativa, non potrebbe dare.

Appare necessariamente conseguente come la scelta del sistema sia da tempo caduta sulla soluzione 2, della quale sono in corso di realizzazione i drastici obiettivi attraverso un serrato piano multidisciplinare.

Come si articola questo programma e quali sono le sue linee guida?

Per illustrarlo abbiamo scelto di riportare un articolo comparso ormai da tempo su Infowars, blog del giornalista Alex Jones, noto per essere un “cospirazionista” d’assalto, come vengono spregiativamente definiti dal sistema coloro che teorizzano l’esistenza di un complotto per governare il mondo in modo occulto, travalicando le sovranità delle singole nazioni.

Al di là del giudizio che si può dare alle argomentazioni contenute, la sintesi che l’articolo propone rappresenta comunque un utile spunto di riflessione per osservare dinamiche complesse sotto una luce diversa, traendone poi le proprie conclusioni.

 

Il piano per spopolare la terra

Tratto da un articolo di Alex Jones, tradotto dal Dissident Translator Team

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