Religione Vedica

Il seguace della religione vedica ricerca sulla terra un vita felice e lunga, ma nulla di più; non vi è, nei Veda, alcuna allusione precisa al tema della reincarnazione. Una tendenza al monotesimo si manifesta nell’idea del Rita, cioè di un ordine universale, di una forza astratta attraverso la natura, sulla quale si basa la teoria del sacrificio. La realizzazione del Rita esige che il multiplo sia unificato; questo compito, che consiste in una enorme sintesi, è di Prajapati, dio supremo, padre di tutte le cose. Ma questo dio – dal ruolo poco sviluppato – non è puramente vedico: egli compare soltanto nel Brahmana, cioè nell’epoca post-vedica. Il culto vedico si basa essenzialmente sul sacrificio, che è un mezzo per l’uomo di entrare in contatto col mondo divino che egli onora o che egli implora. Il sacrificio comprende degli inni e delle preghiere che accompagnano un’offerta al dio, di cui si celebra il culto; questa offerta consiste in prodotti di coltivazione, in alimenti vari (in particolare il latte cagliato) o anche in frammenti di animali. La Religione VedicaLa religione vedica è quella degli invasori ariani, modificata dalle influenze autoctone. Le credenze animistiche e l’adorazione delle forze naturali vi predominano; la mitologia è un riflesso dell’organizzazione sociale primitiva (primato dei guerrieri). Noi conosciamo questa religione attraverso quattro raccolte di testi rituali, i Veda (Veda = «sapere»), redatti fra il 2000 e il 1000 a.C. Quando la classe dei sacerdoti diventa più potente, il culto si complica e la mitologia si trasforma; nel IX secolo appaiono dei commentari sui riti e sulle formule vediche, sul sacrificio e sui rapporti con il Principio assoluto (brahman): sono i Brahmana (Interpretazione sul brahman). La tendenza filosofica fiorisce dal VI secolo negli Upanishad o «avvicinamenti» che contengono degli sviluppi filosofici e simbolici estremamente profondi. Parallelamente a queste dottrine si definiscono due movimenti religiosi molto differenti dal brahmanesimo: il buddismo e il giainismo. Dal III secolo a.C., si opera una sintesi fra il pensiero religioso (vedico e brahmanico) e il pensiero filosofico (i due grandi sistemi di filosofia indù a quest’epoca sono il Vedanta e il Sankya). Da questo amalgama nasce una religione eterogenea dai mille aspetti, un vero tesoro metafisico ove le credenze più grossolane si uniscono ai pensieri più astratti, che invadono tutti i campi: sociale, letterario, artistico, ecc. e alla quale A.Barth ha dato il nome di induismo. Evoluzione FilosoficaNei Brahmana e negli Upanishad cambia il punto di partenza; anche la società è cambiata. L’importanza dei bramini, dei sacerdoti, è aumentata; la casta militare è stata dominata dalla casta sacerdotale e, mentre la religione popolare seguiva il proprio corso, si sviluppava una riflessione metafisica che doveva essere la base di tutte le filosofie induiste posteriori. Si assiste per prima cosa ad un inventario delle forze della creazione: la Grandezza, il Nutrimento, la Verità, l’Energia della luce, la Bellezza, ecc., una quantità impressionante di nomi astratti invade il vocabolario religioso. Vediamo un termine importante: il karman o «attività»; si tratta in questo caso non soltanto dell’azione materiale stessa, ma delle intenzioni e dei pensieri che la dinamizzano, cioè di ciò che determina la personalità attiva di un individuo. Questo inventario è un goffo tentativo di spiegare le condizioni dell’esistenza umana; nei Brahmana, il mito ha ancora il sopravvento sulla spiegazione astratta, ma negli Upanishad tutto cambia: Jnana (la Conoscenza) sostituisce Yajna (il Sacrificio); la meditazione ha il sopravvento sulla pietà.VaishnavismoIl vaishnavismo è la dottrina della devozione a Vishnu, il Dio Ultimo e Assoluto. La supremazia di Vishnu su tutti gli altri dei del pantheon vedico è proclamato dai Veda stessi; è infatti dai pori della Sua pelle che emanano gli universi materiali, da Lui proviene Brahma, dal quale viene poi generato Shiva, ed è da una delle Sue espansioni che scaturiscono poi tutti gli Avatara divini. Ma il fatto che Vishnu sia la Persona Suprema non proibisce di provare un qualsiasi sentimento di devozione, talvolta persino superiore, per una delle tante divinità di cui i Veda parlano. Il sentimento è soggettivo e quindi si può essere devoti di Shiva, di Brahma, di Indra, delle Shakti, di Varuna o di Ganesha, sempre che si sia coscienti che il Dio Supremo è Vishnu. Om tad vishnu paramam padam, afferma il Rig-Veda: nulla è più elevato che prendere rifugio ai Suoi piedi.Vaishnava, il devoto a VishnuLa dottrina della devozione a Vishnu, la Vishnu-bhakti, è straordinariamente variegata e complessa, in quanto Egli ama assumere un numero praticamente illimitato di aspetti. In altre parole, Vishnu si espande in personalità diverse con le quali svolge particolari funzioni. Basti leggere il Primo Canto della Srimad-Bhagavatam per rendersene conto. Si dice che Vishnu assuma soltanto dieci forme (Dashavatara), ma questo è vero solo parzialmente. In realtà quelle dieci sono solo alcune, da una certa prospettiva forse le principali, ma certamente non le uniche. Infatti nelle Scritture è detto che “le Sue incarnazioni sono tanto numerose quanto le onde dell’oceano”. Tra i Dashavatara troviamo i celeberrimi Krishna e Buddha; il primo in India è il più celebre tra gli Avatara. Perciò ognuno, in accordo ai propri gusti spirituali, può scegliere di essere un devoto di Vishnu (diventando così un Vaishnava) venerando una qualsiasi delle personalità divine con le quali periodicamente Egli scende in questo universo materiale. Così abbiamo devoti di Krishna, di Rama, di Nrishinga, di Kurma, di Varaha, di Matsya e di tanti altri. Nel corso dei millenni queste tradizioni hanno sviluppato una letteratura propria, generalmente molto vasta, una propria dottrina, una particolare pratica devozionale spesso anche diversa dalle altre, pur rimanendo tutte tradizioni Vaishnava. Il vaishnavismo storico: Bhagavata e PancaratraLe Pancaratra sono particolari scritture che indicano i canoni di comportamento a quei Vaishnava che provano una particolare attrazione verso la vaidhi-bhakti (cioè la devozione caratterizzata dallo spirito di sottomissione). A chi si sente attratto all’idea di Vishnu visto come il Creatore di tutto, il Signore immenso e opulento, la Divinità dei pianeti Vaikuntha, studieranno le Pancaratra e praticheranno le loro regole.I Bhagavata, invece, amano quelle scritture che indicano i modi grazie ai quali è possibile sviluppare la raganuga-bhakti, cioè il servizio devozionale in un sentimento diverso, certamente più intimo, in cui si può vedere Vishnu come amico, come amante, come parente. Dunque i Pancaratra accettano Vishnu come origine di tutto e studiano in modo particolare il Vishnu Purana, mentre i Bhagavata venerano Krishna come l’origine di ogni cosa, Vishnu compreso.Questi ultimi accettano come massima autorità filosofica la Bhagavad-gita e la Srimad-Bhagavatam. Il Brahamanesimo,che è incluso insieme al Vishnuismo e al Shivaismo nell’Induismo (anche se il Brahmanesimo è nato prima dell’Induismo), si può dire l’unica religione dell’India, e tuttora impera in quella forma che gli Europei chiamano induismo. La caratterisca principale che lo diversifica dal periodo vedico consta nella minore importanza attribuita alla divinità, a favore del sacerdote; la divinità principale divenne Prajapati (signore delle creature), padre degli dei e dei demoni. Dal II millennio a.C. divenne la forma predominante della civiltà indo-ariana. Già all’epoca dei Veda venne ad affermarsi la classe sacerdotale, ma si rafforzò nel secondo periodo dell’epoca vedica stessa, quella che comprende i Yajurveda e le Upanishad. In questo periodo si affermano ulteriormente le caste e i rituali, tanto che le cerimonie vengono tutt’oggi celebrate alla stessa maniera dai brahmani. In questa dottrina si ha la concezione di una divinità tre volte creatrice (Trimurti, di tre corpi): Brahma, Vishnu, Siva. Le tre divinità ebbero però come maggior potente Brahma, che era il divino in senso più pieno e puro; successivamente Brahma finì per identificarsi in uno o nell’altro dei due membri della triade, diventando così una diade, tanto che poi si ebbe una visione unitaria con l’unificazione ulteriore di Vishnu con le due divinità che si erano fuse in precedenza: si arrivo quindi a chiamarli Hari-Hara: come è facile notare, alla fine si ebbe una tendenza monoteistica. Questi i caratteri salienti dell’induismo: si ha una radicale modifica del pantheon mitologico del brahmanesimo, c’è un nuovo indirizzo dell’esperienza mitologica e una grande varietà di sette. Oltre alle sette si crearono poi culti locali: in India c’è sempre stata, e c’è finora, una grande libertà di culto. Lo spirito e la materia sono distinti perché il primo è eterno, mentre la seconda è mutevole: così l’anima è costretta a trasmigrare in continuo finché si sia purificata, e ciò può avvenire in due modi: con una vita ascetica e contemplativa o uniformandosi a un rigido ideale etico: solo così personificata può darsi al dio Visnu per l’eternità. Il sacrificio è il fulcro di questa religione, e solo grazie ad esso si può aspirare a diventare dei, perchè anche loro hanno dovuto percorrere questa strada per diventare tali. Il sacrificio deve essere eseguito secondo i riti prescritti, il più piccolo errore può rendere tutto vano.AscetismoAnche la creazione è concepita come un sacrificio di un essere supremo. In questo senso, il modo migliore per compiere sacrifici era ritirarsi nella foresta e vivere da asceta. L’ascetismo fu rivolto soprattutto a due fini: – all’acquisto di poteri magici; – alla conquista della perfezione spirituale. Le pratiche esteriori dell’ascetismo consistono in castimonie, penitenze, digiuni, vigilie e particolari posizioni del corpo, mentre la contemplazione e la meditazione costituiscono l’allenamento spirituale. La condizione fondamentale per tale riflessione è la purezza della condotta morale. Ma questa religione di sacrificio non si confaceva al popolo, le antiche divinità vediche avevano perso molta importanza per la concezione propria del brahmanesimo. Si ha quindi un nuovo assetto mitologico: divinità diverse ma simili si fusero e i vecchi nomi rimasero per la nuova creata. Di ogni divinità venne sottolineata una caratteristica, che diede particolare consistenza alla divinità stessa. La nuova mitologia appare in pieno sviluppo nel Mahabharata e nel Ramajana. Contemporaneamente si ha anche un cambiamento nella concezione del rapporto uomo-dio: la dedizione a sè e la completa subordinazione alla divinità adorata costituiscono il mezzo per giungere alla salvezza spirituale. Ma una via non esclude storicamente l’altra: nella maggioranza sono indirizzi coesistenti, perché lo spirito indiano concilia i contrari: in questo modo si ha la formazione della triade divina (l’idea di raccogliere in tre le divinità è antica in India).TrasmigrazioneFu nell’età delle Upanishad che si definì la dottrina della trasmigrazione; nel periodo anteriore l’interesse dell’Indo-ario era rivolto a questa vita, deprecando la morte come il peggiore dei mali, quantunque l’uomo virtuoso avesse in serbo una vita di gioie nel mondo celeste. In seguito si fece strada l’idea che la vita d’oltretomba non fosse infinita, ma indefinita, e che, sebbene l’uomo continui a vivere dopo la morte terrena, l’uomo potesse comunque incontrare la morte definitiva che era determinata dai meriti acquisiti in vita. La vita non è più quindi un periodo limitato fra una nascita e una morte, ma una linea senza fine le cui tacche sono le morti. La vita si trasforma quindi in samsara. Ogni nostro atto produce un sedimento che accompagna l’anima determinando le fasi della sua trasmigrazione, e solo quando il ciclo si interrompe, si raggiunge il nirvana. La vita può spostarsi dalla terra al cielo, dal regno animale a quello demioniaco, ma queste pene sono sempre commensurate al merito o al demerito.I darçanaQuesti testi si basano sulla concezione dei filosofi indiani secondo la quale esistono molte verità, le concezioni non sono chiuse e totalizzanti, ma aperte ai cambiamenti, una sorta di logica di punti di vista differenti a cui fa capo anche il giainismo. Nel brahmanesimo si trova una vasta letteratura, sempre essenzialmente religiosa: i Veda e le Upanishad nel loro corpus, e poi le grandi epopee come il Mahabharata (che include l’importantissima Bhagavad-gita) e altri testi ancora. In questa letteratura si trova molto materiale per filosofie, cosmogonie, ritualizzazioni ecc, ma mancano le concettualizzazioni, e avvertendone la mancanza fu probabilmente così che i brahmani, sulla base dei sutra, abbiano formato i darçana circa all’inizio dell’era cristiana. La genesi di questo gruppo è singolare; già il termine darçana si traduce con “modo di vivere”, o “punto di vista”. I darçana sono dei punti di vista particolari sulla realtà complementari nelle loro varie sfaccettature.Un esempio è il Nyàya, o “metodo per dirigere il pensiero, una sorta di sillogismo aristotelico, che fissa i criteri per i quali un ragionamento è accettabile, quindi, secondo le regole della retorica, produrre persuasione nell’uditorio. Inizialmente la Nyàya era nata per dibattiti orali, e non scritti, frequenti fra le varie scuole filosofiche dell’epoca (buddhismo e giainismo) che erano in vantaggio rispetto a loro, ma successivamente da logica è passata a teoria della conoscenza, fino a diventare una psicologia, e così fu per ogni darçana, che ottenne con l’evoluzione una sua etica; in 2/3 secoli i darçana divennero delle vere e proprie filosofie. Ma l’età d’oro di questa corrente è da datarsi all’incirca fra il V e il VII secolo, periodo questo in cui infuria il dibattito filosofico indiano, da una parte fra i darçana stessi, dall’altra fra i darçana e le altre scuole, comprese quelle cosiddette “materialistiche”.DharmaCon il termine dharma si indica anche la religione, ma non vi si esaurisce; esso indica una sorta di “legge della natura”, norma eterna ed “ordine” sia del cosmo, sia della vita individuale e sociale degli esseri umani. Il Dharma ha, per così dire, due dimensioni: l’una che riguarda la legittima acquisizione e fruizione dei beni di questa vita, e l’altra, di tipo escatologico, concerne il fine ultimo di ogni uomo, la liberazione dal samara. Sebbene la tradizione più antica tende a parlare del Dharma come di un principio unitario, la tradizione ci illustra vari tipi di Dharma, come ad esempio guna-dharma, complesso delle norme da seguire in base alle proprie caratteristiche e qualità, e naimittika-dharma, complesso dei doveri religiosi occasionali, diversi da quelli obbligatori.I quattro scopi della vitaAccettando la reincarnazione la preoccupazione principale della tradizione induista è quella di procurare la liberazione definitiva dell’anima (moksa). Siccome l’uomo è composto di anima e di corpo si devono rispettare anche le esigenze dell’organismo psico-fisico prima di potere realizzare la salvezza dell’anima. L’induismo proprone una visione sobria e sintetica della vita umana attraverso le sue teorie tradizionali del purusartha e del varna-asrama-dharma. Il purusartha parla di quattro scopi della vita. L’ultimo è la moksa, la liberazione eterna dell’anima; subordinati a questo scopo si riconoscono tre altri scopi: – l’uomo ha bisogno dei beni materiali per sostenere la vita; – egli ha bisogno di essere felice e godere delle cose buone ed i piaceri del mondo (kama); – questi due concetti devono visti in funzione del fine ultimo, il che vuole dire che devono essere guidati e regolati a seconda dei principi morali e dei valori religiosi (dharma). La famigliaLa famiglia rimane un elemento conservatore di certi valori stabili della cultura indù. La famiglia tradizionale è patriarcale, specialmente nelle campagne: l’uomo è il capo ed il simbolo dell’autorità e la donna gli è subordinata. Tuttavia, la donna non è sottomessa ed è considerata una “dea” nella propria casa. La tradizione indù inculca nei figli spirito di rispetto e di sottomissione e di amore verso i genitori.Si presume che nella vecchiaia l’uomo apprenda anche con l’esperienza la natra fragile e transitoria dei beni e si senta invitato a ritirarsi dalla vita normale e a dedicarsi alla ricerca dei beni eterni. L’unica sua occupazione in questa fase è il raggiungere il supremo ideale della perfezione spirituale ed infine la liberazione definitiva (moksa).lo yogaLe dottrine e le pratiche dello yoga risalgono al periodo delle Upanishad. Le Maitri Upanishad in particolare delineano le pratiche essenziali dello yoga, che trovarono elaborazione dottrinale e fondamento filosofico nella raccolta di aforismi dello Yogasutra, di Patañjali, studioso indiano del II secolo a.C., tradizionalmente considerato il fondatore dello yoga. Lo yoga, a differenza di altri sistemi della filosofia indù, subordina la dottrina al perfezionamento della pratica. Lo studio sistematico della dottrina dello yoga ha influenzato enormemente il buddhismo ed ha affascinato e conquistato parecchi seguaci fra gli occidentali. Dottrina Lo Yoga è uno dei sei sistemi classici della filosofia indù, differisce dagli altri per i notevoli esempi di controllo del corpo e per i poteri “magici” che si attribuiscono ai devoti pervenuti ai livelli più alti della meditazione. Lo yoga afferma la dottrina secondo la quale, praticando determinate discipline, è possibile giungere all’unione con l’oggetto di conoscenza. Per la maggior parte degli yogin (coloro che praticano lo yoga) l’oggetto di conoscenza è lo spirito universale, Brahma, mentre una minoranza di yogin atei persegue la perfetta conoscenza di sé in luogo della conoscenza di Dio. In ogni caso la meta perseguita dalle tecniche yoga è la conoscenza e non, come si suppone comunemente, pratiche di ascetismo, di chiaroveggenza o il compimento di miracoli. Anzi, la dottrina dello yoga non approva il rigore dell’ascetismo; l’esercizio fisico e mentale è unicamente un mezzo per finalità spirituali. Kaivalya Secondo la dottrina dello yoga accade raramente di pervenire allo stadio finale nel tempo di una sola vita. Si afferma, anzi, che occorra rinascere sette volte prima di ottenere la vera liberazione, la separazione dello spirito dalla materia (Kaivalya). Si suppone che, dopo aver raggiunto il Kaivalya, gli yogin esperti acquisiscano poteri straordinari come l’insensibilità alle temperature, al piacere o al dolore, una sorta di stato catalettico indotto dall’autoipnosi o la capacità di compiere atti sovrannaturali, psichici e fisici. QUESTO QUADRO MOSTRA LE VARIE DIVINITA’COMUNQUE PERSONALMENTE DOPO AVER FATTO STUDI APROFONDITI SULLA CULTURA INDO-VEDICA, HO POTUTO CAPIRE CHE IL DIO SUPREMO E’ IL SIGNORE DIO RRI KRISHNA, LA PERSONA SUPREMAERMANNOL’accusa di politeismo che gli studiosi occidentali muovono alle religioni di origine vedica scaturisce dal mancato approfondimento di questo aspetto: nessun testo erano e amano forme diverse dello stesso Dio, a seconda del loro sentimento naturale. NameAltro(i) Nome(i)GenealogiaAttribuzioniNoteAditya figli di Aditi e KashyapaRappresentano i dodici mesi dell’anno e proteggono contro varie sciagureOriginariamente essi erano sette o otto, ma in età vedica il loro numero fu portato a dodiciAgniRudra, (in alcuni inni del Rgveda)E’ detto anche “Figlio delle due Madri”, perché nasce dallo sfregamento di due bastoncini di legno, che alla sua nascita subito divoraPersonificazione divina del fuoco rituale del sacrificio, è il fuoco del sole, del fulmine e quello terreno che gli uomini accendono per venerare le Forme del DivinoIn Occidente, il fuoco (ignis) sacro era mantenuto sempre acceso dalle Vestali nei templi dell’antica Roma, gli antichi Greci durante le migrazioni recavano seco il sacro fuoco di Hestia.AnnapurnaParvati, moglie di Shiva Dea induista del pane quotidiano e del nutrimentoAnnapurna ha dato il nome a una delle montagne più alte del mondo, che con i suoi numerosi torrenti nutre i campi e i pascoli delle valli sottostanti. Il suo simbolo è il cucchiaio.Balarama Fratello maggiore di Krishna, settima incarnazione di Vishnudio degli agricoltoriGli emblemi sono il vomere Hala e il pestello Musala; insegnò l’uso della mazza ferrata a Bhima e DuryodhanaBrahma Nato da un loto che spunta dall’ombelico di Vishnu e dotato originariamente di cinque teste, una delle quali viene tagliata da Shiva. Sua sposa è Sarasvati, la personificazione dell’eloquenza, la dea del sapere e delle arti che costituisce una delle numerose personificazioni della Grande Dea.Personificazione del supremo Brahman, è il creatore dell’universo e membro, insieme a Shiva e Vishnu, della Trimurtiindù, triade divina di formazione postvedica.Nell’attuale religione indù Brahma svolge un ruolo di secondo piano: Vishnu, Shiva e la stessa Sarasvati vengono venerati più diffusamente di questo dio.Deva eAsura In numerosi miti gli Asura ottennero l’aiuto di Brahma, che consentì loro, ad esempio, di costruire tre grandi città da cui dominare le regioni di cielo, aria e terra. All’apice della gloria, tuttavia, le città degli Asura furono ridotte in cenere da Shiva e gli stessi Asura vennero scagliati in mare.Nella tradizione vedica un gruppo di 33 divinità e demoni che governavano le regioni di cielo, aria e terra, e assistevano l’umanità con i loro poteri benigni. Nella lotta cosmica tra le forze dell’ordine e il caos, ai Deva si contrapponevano i demoniaci Asura.Un mito narra che gli dei più potenti sradicarono il monte Mandara, vi avvolsero attorno il serpente Vasuki e lo scagliarono nell’oceano; i Deva tiravano il serpente da una parte, gli Asura dall’altra, finché l’oceano diventò burro. Ne emersero infine il Sole e la Luna, seguiti daDhanvantari, medico degli dei, che portava l’elisir dell’immortalità.DurgaShakti, spesso identificata come moglie di ShivaFu creata con le fiamme che uscirono dalle bocche di Brahma, Vishnu, Shiva, e di altre divinità minoriViene raffigurata mentre cavalca un leone o talvolta una tigre, con otto o dieci braccia ognuna delle quali porta una delle armi degli altri dei che glieli cedettero per la battaglia contro il bufalo-demone Mahisasura, che sconfisseLa Durga-puja è uno delle festività religiose più importanti che si tengono nell’India del Nord, fra Settembre e Ottobre.Dyaus Sua moglie è Prithivi la terra, la dea-madre; è il padre di IndraDio del Cielo; la coppia Dyaus-Prithivi è considerata la genitrice degli dei e degli uominiPotrebbe essere assimilato all’Urano della mitologia greca. Prithivi la dea-madre è identificabile con la Gea greca.DyotanaUshasFiglia del Cielo e sorella del Soledea dell’alba e dell’aurora GanapathiVinayaka, Lambodara, GaneshaSue due consorti: siddhi (potenza spirituale) e buddhi (intelligenza suprema)Maestro della Conoscenza, dell’Intelligenza e della Saggezza, è il Condottiero (Pathi) degli Esseri Celesti (Gana).Viene adorato fin dai tempi più antichi; esistono testimonianze storiche che mettono in luce come il suo culto fosse diffuso anche in Tailandia, Giappone, Germania e Regno Unito. L’adorazione di Vinayaka come divinità principale viene menzionata nei VedaGaruda Figlio del grande saggio Kasyapa e di sua moglie Vinata, fratello di Aruna, l’alba risplendenteDivoratore di serpenti e di ogni cosa malvagia; cavalcatura del dio supremo e protettore del mondo, Vishnu.In termini simbolici, Garuda rappresenta l’ascesa dal piano materiale alla più elevata consapevolezza spirituale.HariHaraShambhu-Visnu, Shankara-Narayana Divinità sincretica che combina i due aspetti principali del Divino, Vishnu (Hari) e Shiva (Hara)Dopo i settarismi che avevano cercato di imporre una sola divinità su tutte le altre, compare nel periodo classico ma non ha avuto molto seguito, tranne che in Cambogia, dove troviamo immagini e iscrizioni che risalgono al VI-VII secolo.IndraVritrahan (uccisore di Vritra)La sua sposa è Indrani. Dopo aver ucciso il padre Dyaus, diventa il dio supremo dell’universo.Dio della forza e protettore dei guerrieri e dei dominatori, rappresenta l’ordine cosmico che sconfigge il disordine universale configurato da Vritra.Questo mito riflette, tra l’altro, l’evento delle piogge monsoniche che pone fine ai periodi di siccità. Nel combattimento è accompagnato dai Marut, divinità della tempestaIndraniPaulomi e AindraSposa di Indra, è una delle sette Matrika Celebre per la sua pelle dorata e la grande sensualità, per le donne indiane rappresenta un ideale da raggiungere.Kama  Dio dell’Amore, durante l’era vedica impersona il desiderio cosmico, o l’impulso creativoNegli ultimi periodi viene rappresentato come un giovinetto circondato da ninfe celestiali che colpisce con frecce che suscitano l’amore. Potrebbe essere assimilato al Cupido della mitologia classica.KrishnaSyamasundaraRappresenta una incarnazione del dio Vishnu, ma per molti devoti è considerato il Dio supremo e salvatore universale.I suoi due aspetti più importanti per la storia dell’induismo sono quelli di protagonista della guerra descritta nel Mahabharata e di dio mandriano, amato dalle pastorelle.L’attuale movimento degli Hare Krishna, portato in Occidente nel 1965 da A.C. Swami Bhaktivedanta, deriva direttamente dalla scuola di devozione fondata dal bengalese Chaitanya, attivo nel XVI secoloMarut Sono considerati figli di Rudra-ShivaDei della tempesta e dell’atmosfera, sono gli accompagnatori di IndraI Marut sono assimilati ai monsoni, i venti che periodicamente investono con veemenza il subcontinente indianoMitraIl dio ebbe importanza in Persia, dove era conosciuto come Mithra e da lì si diffuse fino all’antica Roma, dove veniva chiamato MithrasInsieme al fratello Varuna era il guardiano dell’ordine cosmicoDio dell’amicizia e degli affari e governava le ore diurne. Intermediario fra gli uomini e gli deiIn epoca prevedica probabilmente Mitra era un dio molto importante ma con l’avvento degli Indo Ariani passò in secondo pianoRâmaRamachandraLa sua sposa è Sita, figlia di Prakrithi, la NaturaRâma è l’incarnazione del Dharma (la rettitudine), uno dei quattro scopi della vita umana; gli altri tre sono: Artha (la ricchezza), Kama (il desiderio) e Moksha (la liberazione).Râma non fu un seguace del Dharma: egli era il Dharma ! Ciò che pensava, diceva e faceva era Dharma, il Dharma eterno! La recitazione e l’ascolto del Ramayana può fare di una persona un vero esponente del Dharma: tutti i suoi atti – pensieri, parole, azioni saranno improntati a quell’ideale.Rudra Essere dai mille occhi e dai mille piedi, nato dall’incesto di Ushas (figlia di Prajapati, il creatore) con i suoi fratelli, è il padre dei MarutRudra “l’ululante, il terribile” rappresenta l’aspetto collerico e distruttivo della divinità, si oppone perciò a Varuna, personificazione del cielo serenoE’ anche padre dei Rudra: che non sono altro che la manifestazione molteplice della sua forza distruttrice che diffonde ovunque epidemie, catastrofi, eventi delittuosi.Shivaspesso identificato con la Divinità vedica Ruda, è anche Hara, Shambhu, Shankara, Pashupati, Mahesha, Mahadeva o BharavaCon la consorte Parvati, insieme ai figli (Skanda dalle sei teste e Ganesha dalla testa di elefante), vive sul Monte Kailasa nel massiccio dell’Himalaya.Rappresenta i vari aspetti del Divino attraverso molteplici forme, è la Realtà Assoluta, l’energia creativaCome molteplici sono le forme di Shiva, così molteplici sono le sue divine consorti (Uma, la benefattrice; Sati, Parvati, figlia dell’Himalaya; la nera Kali, la distruttrice; la Bhairavi e Durga)SkandaKumara, Subrahmanya, Muruganprimogenito di ShivaDio della guerra, guida le armate degli DeiPoichè non si è mai sposato, nello Yoga rappresenta il potere della castità.SuryaMitra, Bhaga, Pushan, Arhapati, BhaskaraFiglio di Aditi, dea del cielo e di Dyaus, dio-padre. Sua moglie è Ushas, dea dell’alba, e i suoi due figli gemelli, gli dei Ashvin, che precedono il padre sul loro carro dorato, come i primi raggi mattutini precedono il sole nascente.Dio del Sole, si muove nei cieli su un carro d’oro trainato da un cavallo a sette teste (Etasha), che simboleggia i sette giorni della settimana, e guidato dal cocchiere Aruna, l’alba risplendente.Un figlio di Surya, Vaivasvat, è il primo uomo della attuale era; il figlio di Vaivasvat, Ikshvaku, è il capostipite della Razza solare (Suryavansa), alla quale appartiene Rama, mentre Krishna è della Razza lunare (Chandravansa).Varuna uno dei figli della dea AditiDio costruttore e sovrano di tutti i mondi, custode dell’ordine universale, testimone vigile delle azioni degli uomini e signore del loro destino. Inoltre, rimette i peccati e accoglie nell’aldilà le anime dei giusti, insieme al dio della morte Yama.La relazione di Varuna con le acque dei Fiumi e dei mare può suggerire un richiamo al dio occidentale Poseidone-Nettuno; si è voluto anche accostare Varuna ad Urano, il dio greco.Vayu Padre del dio delle scimmie Hanuman e di Bhima, uno dei principi Pandava, protagonisti del Mahabharata.Dio del vento e dell’aria, nonchè dell’alito divino che fa respirare e vivere il mondo.Divinità dal carattere violento, che verrà ereditato dal figlio Bhima, ebbe uno screzio con Indra e dal diverbio che ne nacque si staccò un pezzo del monte Meru, che andò a formare l’isola di Sri Lanka.Vishnu  Divinità degli spazi, interviene nel mondo quando l’ordine universale è minacciato per ristabilire il dharma (l’ordine delle cose) e salvare i propri devoti manifestandosi nelle sue diverse incarnazioniLe incarnazioni di gran lunga più note e più venerate di Vishnu sono Rama e KrishnaVritra  Demone malvagio, è un mostro dalla forma di serpente, che con la sua gigantesca figura copre il Sole e tiene prigioniere le acque e le piogge. Indra lo sconfigge, liberando le acque e facendo tornare la vita sulla terra.Simboleggia in primo luogo la siccità annientata dal dio della pioggia Indra, o una divinità prevedica sbaragliata dall’avvento della religione aria o ancora l’aridità e l’ignoranza dell’anima che devono essere sconfitte dalla conoscenza spiritualeYama figlio del dio del sole, Vivasvat, e della ninfa Saranyu (Sanjna), suoi fratelli: Manu, con cui divide il titolo di primo uomo, e la dea-fiume Yamuna, con la quale avrebbe formato la prima coppia umana.Dio della morte, primo essere umano a morire e, salito al cielo, a regnare sulla città celeste di YamapuraLa figura rassicurante di Yama nel periodo vedico, lo assimila a Dharma, dio della giustizia, rispecchiando la concezione positiva che gli Arii avevano del trapasso nell’aldilà.     <br />
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